Questo articolo a supporto della genitorialità è totalmente incentrato su una parola e la sua importanza in alcune situazioni con i figli: il NO.
Ci teniamo ad iniziare questo articolo in una maniera un po’ diversa dal solito… con uno scenario!
Immaginiamo quindi questa situazione e immedesimiamoci nella mamma e nel piccolo protagonisti dello scenario.
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Una mamma ed un bambino piccolo giocano insieme sul tappeto del soggiorno…
Libri morbidi, costruzioni gommose e palline colorate si susseguono tra le loro mani con molta gioia.
A un certo punto lo sguardo del bambino è catturato da quell’oggetto allungato, di colore nero ma con all’interno tanti pulsantini colorati e morbidi che spesso la sua mamma e il suo papà cercano con tanto interesse…
È il telecomando del televisore!
Che bello afferrarlo, batterlo a terra e sul tavolino basso e chissà quale effetto si produrrebbe se lo si lanciasse al muro, vero?!?!
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Ecco…
Quando si è genitori la parola più difficile da dire è “no”, ma come mai?
Perché è difficile dire no a un bambino?
Quando si è genitori la parola più difficile da dire è “no”, ma come mai esattamente? ?
Il “no” viene spesso associato, erroneamente, a qualcosa di negativo.
È inteso come una sorta di privazione a cui esporre il proprio figlio.
È come se gli stessimo negando qualcosa di importante, come se dicendogli “no” lo stessimo privando dell’amore infinito che proviamo per lui. ??♀️
Si ha paura di farlo soffrire, di deluderlo o di deludere noi stessi.
Ma è davvero così?
Spesso noi genitori ci imponiamo di dover dare ai nostri figli tutto quello che pensiamo di non aver ricevuto noi da piccoli…
E proprio per questo, alle volte, tagliamo fuori dagli importanti processi di crescita tanti “no” che invece farebbero bene.
Cos’è di preciso il “no” per i bambini?
Il significato non è certamente univoco, “no” può portare con sé diverse accezioni.
Ovviamente è più semplice dire di “sì”, perché questo ci fa sentire buoni ma non sempre è adatto dire “sì”.
O meglio, permettersi di dire “no”, di negare o vietare qualcosa al momento giusto può comportare delle conseguenze negative nella relazione genitori-figli e nello sviluppo del bambino.
A cosa serve dire di no ai figli?
Proviamo a capirlo insieme…
Dire “no” serve a creare dei confini tra l’io e il mondo esterno, tra la fantasia e la realtà, a gestire le emozioni (soprattutto la rabbia), a dominare l’ansia, ad aumentare la tolleranza alla frustrazione, a sopportare lo stress derivante da eventuali situazioni avverse.
In poche parole dire “no” è fondamentale per aiutare i bambini a crescere in maniera serena diventando degli adulti equilibrati in grado di sopportare e gestire le future situazioni che la vita adulta inevitabilmente propone come ad esempio una delusione amorosa, il tradimento di un amico, un brutto voto, una difficoltà economica o un trasferimento.
L’enorme portata del “no” ha a che fare con l’indispensabile funzione del limite, ma in che senso?
Dire di “no” ha una portata enorme
L’enorme portata del “no” ha a che fare con l’indispensabile funzione del limite.
Vediamo insieme in che senso.
Dire di “no” trasmette il messaggio implicito che ci sono dei sani limiti nella vita che ci aiutano a rispettare le regole, a rispettare noi stessi e gli altri, ma non solo…
Limiti che ci aiutano anche a gestire la rabbia senza trasformarla in aggressività, a contenere l’ansia senza farsi prendere dal panico, a superare la tristezza sapendo che passerà, a vivere la gioia mantenendo i piedi per terra, ad imparare che ogni azione ha un inizio ed una fine.
In questo ultimo senso un “no” equivale anche a significare “basta” per un bambino.
Dire “no” è anche un modo per far sentire il bambino un essere separato e distinto dagli altri…
È importante riuscire a capire, situazione per situazione, quando dire “sì” e quando dire “no”, insomma.
La scelta tra il “sì” e il “no” non segue delle regolette standard valide per tutti i bimbi e per ogni circostanza e ciò che è appropriato ad un’età può non esserlo ad un’altra.
Dire sì o dire no, come decidere
Con i nostri figli, come si fa a decidere tra un “sì” e un “no” a seconda dei casi?
In linea generale sono dei sani “no” quelli che portano alla salvaguardia della salute fisica e psicologica del bambino, come ad esempio in auto metterlo seduto nel seggiolone ben allacciato, curarne l’alimentazione e l’igiene personale, oppure educarlo a dormire da solo, staccarlo dal seno quando il momento è superato, permettergli di vivere dei brevi momenti di separazione dalle figure parentali, e così via…
Ulteriori scelte più minuziose dipendono da vari fattori: dai bambini, dai genitori, dal momento preciso che si sta vivendo, dalla relazione che intercorre tra loro e dal clima emotivo.
Ogni bambino è unico e come tale va formato
Di fronte alla scelta tra un “sì” o un “no” a nostro figlio, è utile chiedersi sempre quali siano le conseguenze che ne derivano e soprattutto l’utilità che il “no” può avere a breve e/o a lungo termine.
Molto dipende dai bisogni specifici del bambino che abbiamo davanti.
Un “no” per un bambino su un determinato comportamento può avere un effetto benefico che invece per un altro bambino può richiedere un “sì”.
Ad esempio, un bambino introverso che segue molto le regole in maniera accondiscendente e che fa fatica a far emergere i propri desideri e nel momento in cui sta cenando a tavola con i genitori si alza perché attratto da qualcosa che cattura il proprio interesse…
Questo bambino va sostenuto in questa spinta evolutiva della curiosità e non fermato da un “no”.
Contrariamente, ad un bambino che fa fatica a seguire le regole, fra cui quella di stare seduto mentre sta mangiando, un “no” farebbe bene in quello stesso scenario perché in quel momento ha bisogno di essere contenuto nel non lasciarsi distrarre concentrandosi sull’importante attività del mangiare.
“Sì” e “No”, due facce della stessa medaglia
Ovviamente, dire “no” oppure “sì” ai nostri figli dipende da quanto un dato comportamento sia tollerabile dal genitore, ma non solo…
Il genitore, l’adulto, deve cercare sempre di negoziare insieme al bambino le regole del vivere sereni in maniera reciproca.
Ci sono, ad esempio, genitori che non hanno alcun problema a far giocare i bimbi a palla in soggiorno ed altri che, invece, preferiscono farli giocare nella loro cameretta che è più resistente rispetto a probabili urti da rimbalzo.
In linea di massima, è utile dire “sì” davanti alle richieste affettive del bambino ed alle sue spinte verso l’esplorazione e l’autonomia, calibrandole però all’età ed alle sue effettive capacità.
Ogni “no” deve essere accompagnato da una spiegazione dei motivi che lo richiedono e tendenzialmente deve essere sempre mantenuto, salvo rare eccezioni che abbiano una motivazione.
Inoltre, quando si è deciso di dire “no” su una certa richiesta o comportamento del bambino, è importante mantenerlo e non farlo diventare “sì” dietro eventuali insistenze poiché questo genererebbe insicurezza e incoerenza nel bambino rispetto a dei punti fermi da seguire.
È liberatorio per noi genitori riuscire a convincerci che un “no” non è necessariamente un rifiuto da parte nostra o una prevaricazione ma può invece dimostrare che abbiamo fiducia nel bambino, nella sua forza interiore e nelle sue capacità di farcela.
“Sì” e “No” sono entrambe le facce della medaglia della vita e, per crescere bene, servono tutte e due poiché sono preziosissime. ?